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  • Immagine del redattoreJ.C. CASALINI

TIK TOK, LA MORTE BUSSA...

Aggiornamento: 25 giu 2021

Antonella, 10 anni, era una bambina gioiosa che ballava, cantava e scherzava emulando conoscenti virtuali che a loro volta si rifacevano a esibizioni proposte nella rete. La notizia della sua morte provocata da una cintura stretta intorno al collo da lei stessa mentre affrontava la 'blackout challenge', una sfida estrema e irrazionale divulgata su TikTok, inorridisce chiunque abbia a cuore la vita dei bambini. Non mi riferisco soltanto all'amore come genitore, naturale e ovvio come lo è ogni sentimento nutrito nell'ambito familiare, ma della consapevolezza del ruolo dei bambini in una visione più ampia: 'tutti i figli sono nostri figli' perché la vita di un adolescente venuta a mancare è come una ferita nei confronti di tutta l'umanità che viene depredata della propria linfa vitale, della sua costante rigenerazione.

Anche nella 'Blue Whale', la macabra competizione virtuale durata cinquanta giorni,

l'istigazione al suicidio era ben prevedibile prima che si arrivasse all'epilogo finale drammatico di 157 giovani morti nel crescendo di autolesionismo innescato da un sadico manipolatore, un giovane russo di 21 anni di San Pietroburgo che era stato espulso dalla università di psicologia, oggi arrestato.

Di recente era stata lanciata la 'Benadryl Challenge', la sfida dell'antistaminico ingerito fino a raggiungere le allucinazioni; si è dovuto arrivare alla di morte una giovane ragazza di 15 anni, Chloe, e il ricovero in ospedale di altri giovani per overdose perché venisse bloccata e oscurata.

Non basta la recente dichiarazione di Cormac Keenan, Head of Trust and Safety di TikTok, che nel tentativo di riparare al danno di immagine del suo social ha pubblicato una lettera con "l’adesione al Codice di Condotta della Commissione Europea contro l’incitamento all’odio online". Il problema è ben più ampio di una sottoscrizione di un documento che egli, peraltro, poteva accettare sin dall'inizio del lancio del suo social. Ci sarà sempre una falla nella rete che causerà la morte di una e mille Antonella perché, a consolidare l'evoluzione del nostro continuo desiderio attraverso la condivisione dei contributi, ci sono algoritmi automatici; gli stessi che, da una parte, anticipano il nostro bisogno di soddisfazione personale come acquirenti o fruitori di servizi e, dall'altra, diventano dati sulle nostre reazioni provocate e offerte alle aziende per intuire in anticipo le nostre necessità come consumatori. Non essendo possibile un filtro in tempo reale di ogni diretta, l'intelligenza artificiale è diventata la sublimazione della nostra debolezza. Dovremmo navigare in una rete con una latenza necessaria per consentire a innovativi 'depuratori' digitali di scremare tutto ciò che può essere considerato rischioso, ma l'intenzione nell'uso improprio di una siringa, di un coltello, di una corda, di un'arma o di qualsiasi oggetto diventa evidente soltanto quando è già troppo tardi.

Siamo tutti vulnerabili, chi più chi meno, come Antonella, fragile nel suo bisogno di interazione sociale attraverso repliche ed imitazioni comportamentali pur di 'apparire'. Non c'è da sorprendersi che la mente di un giovane, ancora in fase di 'programmazione', possa essere manipolata con facilità nei social quando pure noi adulti, che dovremmo essere privi di ogni contaminazione intellettiva, ci facciamo condizionare dalle realtà proposte da esperti scienziati, politici, economisti, eccetera, capaci di dire il contrario di tutto a seconda delle convenienze del momento e del bisogno, a loro volta, di celebrità per sopravvivere attraverso il sensazionalismo.

Bramiamo dell'approvazione degli altri, diventata il giudizio della nostra visibilità con cui crediamo essere parte attiva di una comunità attraverso il valore che noi diamo nella risposta positiva, il famoso 'like'. Cerchiamo nella similitudine di una credenza reciproca, la rassicurante prova di ciò che è reale, mentre contestiamo le opinioni che possono minare le certezze così faticosamente costruite a forza di compromessi. Nella continua contraddizione sollevata ad ogni dibattito giungiamo alla triste conclusione che "la Verità è che non sappiamo cosa sia la Verità". Ancora oggi non riconosciamo con unanimità un unico radiofaro al di sopra delle nostre ragioni, con cui poter appurare quanto una informazione e un'azione siano vicine o distanti dal suo segnale.

Non essendoci una solida, univoca e benevole base di fondamento nell'apprendimento e nell'educazione a scuola, in famiglia e nell'informazione, oggi, un giovane su sei ha avuto modo di entrare in contatto con la 'Blackout Challenge' attraverso video postati, letture o passaparola tra coetanei. Tra questi, il 20% ha confermato di aver partecipato all'invito e ancora di più coloro che hanno sperimentato il brivido della morte.

Il grimaldello capace di abbattere le nostre intime difese e la nostra privacy è nel momento di celebrità ricercato con la viralità della nostra immagine in rete. Andy Warhol, famoso artista influente della Pop Art mondiale, aveva espresso la famosa frase, talmente simbolica da essere scolpita su un muro del 'Museum of Modern Art' di NY, oggi considerata profetica: "in futuro tutti saranno famosi per 15 minuti".

Antonella, purtroppo, ci è riuscita.


foto composizione in digitale di J.C. Casalini

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