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  • Immagine del redattoreJ.C. CASALINI

SAMAN, RIBELLE PER AMORE

Aggiornamento: 30 giu 2021

Saman, una ragazza Pakistana obbligata in famiglia a contrarre un matrimonio combinato, ci riporta a un passato storico di imposizioni patriarcali, etniche e religiose, che credevamo superato e lontano dal nostro contesto sociale e nazionale in cui viviamo. Scopriamo come le nostre leggi, tra cui la legge n. 69 del 19 luglio 2019 sui matrimoni forzati in Italia, sembrano non riuscire a contrastare alcune prassi contrarie alla libertà di ogni individuo.

L'indignazione sarebbe sincera se identificassimo in questa vicenda l'esteriorizzazione di un male radicato nel nostro comportamento umano, cittadini italiani e non. La scelta di un(a) compagno(a) scelto(a) nell'ambito delle proprie amicizie e contatti durante la nostra esistenza terrena sembra così ovvia e naturale. La nostra attitudine verso il prossimo è basata sul rispetto e sulla schiettezza delle nostre relazioni. Ma è davvero così? Abbiamo

davvero una predisposizione alle amicizie che spazi dal più disperato al più fortunato tra i nostri simili? Ci sarà sempre un ostacolo all'integrazione fintanto che calcoleremo il benessere o il livello culturale di chi si ha di fronte. Manterremo sempre una distanza sociale nel continuo pregiudizio verso l'altro. Viviamo tutti i giorni l'abitudinaria valutazione dei nostri rapporti sociali che quasi non ce ne accorgiamo più. Potremmo giustificarci sostenendo che il conseguimento del nostro successo personale e professionale derivi dalla migliore opportunità di contatti 'utili' che possano soddisfare un'ambizione se non addirittura un arrivismo. Consideriamo la nostra capacità di relazionarci e di trarre una convenienza nel minor numero di connessioni necessarie per arrivare all'obbiettivo, ben consci di come un contatto 'potente' apra velocemente le porte alle potenzialità e alle qualità di ogni individuo nei migliori dei casi, aggiungo anche alla mediocrità nei peggiori dei casi.

Nelle scelte dei nostri figli scopriamo che la nostra società ha ancora qualche reticenza nella promiscuità matrimoniale. È radicato in noi una ponderazione dei vantaggi sociali dei pretendenti che mantiene ancora attuale le differenze di ceto, di posizione, di cultura, di religione e ancora di più economica. Potremmo sostenere che, nella nostra esperienza di genitori, abbiamo un quadro ben chiaro di cosa siano gli impegni nel costruire una casa, nella sottoscrizione di un mutuo, nell'allevare la prole e così via. Arriveremmo ad ammettere cinicamente che il matrimonio tra famiglie benestanti. sia corretto perché anteponiamo sempre il patrimonio di fronte ai sentimenti. Il suggerimento dei genitori, quando non è una imposizione, resta pur sempre un atteggiamento egoistico poiché il reale intento nelle famiglie è nel desiderio di mantenere uno status sociale, di non ritrovarsi coinvolti in scelte sbagliate dei figli, di evitare di cadere nel vortice di debiti, di sofferte separazioni per mancate affinità culturali e così via. Per quanto possiamo negarlo, siamo tutti vittime di un condizionamento socio-economico e preghiamo che i nostri figli, liberi di agire, facciano la scelta giusta. La nostra ragione farà sempre il suo dovuto calcolo delle convenienze; negarlo è mentire a sé stessi, mentre accettarlo ci consentirebbe di poter contrastare il solo pensiero e di prepararci al cambiamento personale che diventa poi, nella somma delle individualità, un cambiamento in famiglia, nel vicinato, poi nazionale, continentale fino a diventare mondiale attraverso una ricchezza distribuita uniformemente. Ma se non iniziamo, c'è poca speranza di vedere nascere una società solidale ed equa dove vicende come quella Saman non esistano più.

Il nostro comportamento determina l'ambiente in cui viviamo e, viceversa, l'ambiente in cui viviamo determina il nostro comportamento. Nella sperequazione dei redditi e dei patrimoni che la politica non ha mai risolto, perché essa è vittima a sua volta di una scuola di pensiero, l'egoismo ha modo di esprimersi in entrambe le direzioni: nella ritrosia del ricco verso il povero e nell'aspirazione del povero verso il ricco. Ammettiamolo, soltanto nelle favole assistiamo all'unione di intenti passionali tra componenti opposti ed estremi nella scala sociale. Viene a tutti in mente il film 'Pretty Woman', che oggi definiremmo addirittura sessista perché abbiamo perlomeno colto l'accettazione dell'equità di gender, uno dei tanti passi necessari per una società migliore. La stessa famiglia reale inglese ha avuto qualche imbarazzo nelle relazioni dei propri componenti con partners lontani dal proprio lignaggio. Ci scandalizziamo per divertissement, affascinati dalla rigidità di certi protocolli. Seguiamo con morbosa curiosità le vicende di corte che sentiamo affini al nostro cinico desiderio di conquista sociale. C'è chi sarebbe capace di baciare un rospo pur di ottenere l'accesso ai tesori di un palazzo o un posto al fianco di idoli più 'popolani' come quello di cantanti, imprenditori, calciatori, ecc... Gli arrampicatori sociali di oggi, diventeranno domani i genitori che insegneranno ai figli il compromesso come la soluzione più breve per raggiungere una serenità finanziaria e, quindi, non per forza anteponendo i sentimenti. Non importa se l'azione derivi da una scelta o da una costrizione; entrambe esprimono la stessa forza di soddisfare un desiderio che ci deve ripugnare.

Cosa può insegnarci la storia di Saman o di Hina Saleem, Sanaa Dafani, Shahnaz Begum Butt e tante altre che hanno sofferto di amore? Di lottare sempre per la propria libertà. Che l'Amore trionfa, anche a costo del sacrificio della propria vita quando condizionata dalle imposizioni. Una vita senza amore è già una continua morte vissuta. La nostra incarnazione è una esperienza personale ed evolutiva della propria anima, non deve essere l'estensione di una avidità parentale. Ogni giorno migliaia di donne in tutto il mondo sono costrette a subire matrimoni forzati, di cui gran parte spose bambine con il benestare dei genitori. La vicenda di Saman ha spinto l'UCOII (Unione Comunità Islamiche Italiane) ad emettere finalmente una Fatwa, un parere contro i matrimoni combinati che i fedeli della religione islamica presenti in Italia dovranno rispettare per conseguire la sharî‘a, la via della giustezza che è buona cosa quando intrapresa nell'Amore Universale.

Non sappiamo ancora cosa sia capitato a Saman; le indagini sono ancora in corso. Per un presupposto di innocenza dovremmo evitare di cadere nelle facili supposizioni e smettere di sottoporre gli indagati alla gogna mediatica quando non c'è alcuna certezza dei fatti. Possiamo soltanto sperare che la giovane sia davvero fuggita. Qualora non ci fosse riuscita, dovremmo comunque soppesare l'accaduto con severità e con misericordia nei riguardi della sua famiglia, intrappolata più di noi nella cieca convinzione millenaria nell'educazione dei figli come se fosse un investimento.


foto composizione in digitale di J.C. Casalini

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