L'escalation delle ostilità tra le due etnie, arroccate ognuna nella propria presa di posizione, è la manifestazione di un odio reciproco alimentato da motivazioni geocentriche. La nostra coscienza da spettatori rischia di giustificare la violenza perpetrata come la risposta a un torto subìto dall'uno o dall'altro se ci addentriamo nella storia del medio oriente, attraverso la lunga lista degli avvicendamenti secolari di conquiste, esili, schiavitù, esodi, invasioni, imperi, islamizzazione e crociate, colonizzazione, conflitti mondiali, Shoah, accordi tra potenze mondiali, guerre, Nakba, profughi, sgomberi ed espropri. L'interpretazione personale degli eventi è dettata più dai sentimenti di empatia per un fronte o per l'altro, e si presta a una facile conflittualità nelle diverse opinioni in cui non si viene mai a capo di nulla, così come avviene nello scontro tra i due schieramenti opposti. La stratificazione delle sofferenze mai
assopite e dei malesseri mai risolti, nonostante i vari periodi e accordi di pace, celano l'incontrovertibile prova di una scintilla iniziale che possa spiegare quando tutto ha avuto inizio e quanto stia accadendo.
Si può cogliere una similitudine nei rapporti distruttivi di coppia dove il risentimento prende il sopravvento sul buon senso e impedisce alla stessa di riconoscere le proprie colpe. Succede che nell'intento di ottenere un vantaggio personale sull'altro, il vittimismo è utilizzato per discolparsi dell'aggressività scaturita, cercando di porre il rivale in 'cattiva' luce agli occhi di un giudice esterno. Anche a costo di mentire.
È facile cadere nella presunzione di un giudizio se ci limitiamo all'analisi delle questioni geopolitiche. Si sapeva che l'attuazione dello sgombero forzato di alcune case di Palestinesi nel quartiere di Sheikh Jarrah in Gerusalemme avrebbe scatenato il putiferio, ma passerà ancora del tempo prima che i Governi di Israele capiscano di essere intrappolati dalla loro stessa legislatura. La battaglia sul piano legale a colpi di leggi promulgate dallo Stato Israeliano non ha infatti giovato la pacifica convivenza all'interno delle proprie frontiere. Ricordiamoci sempre che l'assimmetria delle leggi è dettata dal punto di vista di chi ne subisce una limitazione, ma non ne capisce l'intento in un disegno più ampio e generale. Cito la Absentees Property Law (1950) per espropriare case e appezzamenti di terreno ai Palestinesi fuggiti durante la guerra del '48, e la Legal and Administrative Matters Law (1970) per consentire solo agli ebrei di trasferirsi nelle proprietà requisite. Per contro, in una rete di informazione dove le fake news viaggiano alla stessa velocità delle notizie accertabili, si trovano anche delle mappe retrodatate che dimostrerebbero l'espansione Israeliana quando la Palestina, intesa come nazione, non è mai esistita.
Abbiamo due contendenti territoriali che, de facto, non hanno un riconoscimento unanime della propria sovranità. La proclamazione di uno stato di Israele, ancora oggi, non è accettata dalla maggioranza degli stati arabi il che renderebbe nulle le leggi suddette da parte degli arabi perché promulgate da un governo israeliano mai riconosciuto pienamente; solo recentemente si è aperto uno spiraglio da parte degli Emirati Arabi Uniti e dal Bahrain che si aggiungerebbero alla schiera delle nazioni arabe che hanno già raggiunto un accordo con lo Stato di Israele: Egitto (1979) e Giordania (1994). Il popolo Palestinese a seguito degli accordi di Oslo (1993) aveva riconosciuto ad Israele il diritto di vivere in Pace e quindi una sovranità, nella speranza di congelare i confini allora definiti nella striscia di Gaza e nell'area della Cisgiordania per definire un proprio Stato, e ha potuto ottenere lo status di osservatore come non-membro ONU senza poi mai aver raggiunto una propria proclamazione come nazione indipendente dal mondo intero. Siamo ben lontani dal poter assistere ad una chiarificazione delle qualità giuridiche dei due antagonisti.
La superiorità militare degli Israeliani e il controllo delle risorse, ad esempio dell'acqua, nei confronti dei Palestinesi è innegabile. Tuttavia la disparità dei fronti opposti non deve farci cadere nel tranello della compassione per il più debole quando la posizione del più forte è tale che avrebbe potuto annientare l'avversario fuori dalle proprie mura in pochi giorni senza che i vari attori internazionali potessero avere il tempo di chiedere un cessate il fuoco e di intavolare una trattativa di pace. Il popolo Israeliano vorrebbe vivere in pace, ma ha spinto i Palestinesi e gli arabi naturalizzati israeliani ora a far sentire la propria disperazione nella protesta di piazza. I tafferugli a Gerusalemme sono infatti la premessa di una lotta intestina tra connazionali che rischia di degenerare in una guerra civile e scombinare gli equilibri politici dell'area se non si interviene subito con una dialettica disposta ad ammettere le reciproche colpe, piuttosto che sostenere i propri diritti.
Si può considerare l'unico vantaggio di questa situazione esplosiva nella palese rivelazione del malcontento di tutti. Il punto di arrivo attuale può diventare il punto iniziale da cui iniziare a lavorare per ritrovare quell'unità persa nelle differenze e disuguaglianze costruite dagli egoismi di appartenenza che ora vanno corrette e annullate. Si deve ritornare con il pensiero alle origini dell'Uomo per ritrovare la connessione benevole persa nelle identificazioni di etnie e popoli sobillate da giochi di potere. Quando i governi non sono nella condizione di essere alla testa della necessaria restrizione, che siano i cittadini a riunirsi pacificamente, ad ascoltare e abbracciare il dolore dell'altro per cancellare ogni controversia, dove anche il credente possa ricercare nella gioia condivisa la contentezza del proprio D-o.
Israele potrà diventare il luogo di Pace ed essere di esempio di 'Terra Promessa' al mondo intero e, per antonomasia, diventare il progetto di unificazione globale e di fratellanza spirituale capace di abbattere tutte le 'frontiere' del mondo.
foto composizione in digitale di J.C. Casalini
Kommentare