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LE MANIFESTAZIONI PRO PALESTINA

  • Immagine del redattore: J.C. CASALINI
    J.C. CASALINI
  • 4 ott
  • Tempo di lettura: 2 min

LE MANIFESTAZIONI PRO PALESTINA


Le manifestazioni di questi giorni evidenziano l’unità di pensiero dei giovani, tanto da farmi sperare che ci sia una generazione non più disposta ad accettare le ingiustizie e i soprusi di una politica al servizio dei poteri forti. Non mi sono tuttavia stupito nel vedere l’insistenza giornaliera nel prolungare ed esasperare le manifestazioni o le frange di estremisti che hanno macchiato l’intento pacifico del popolo riverso nelle strade, imbrattando monumenti, distruggendo beni pubblici e privati e affrontando le forze di polizia. 

  Come sia possibile che in nome della Pace qualcuno ostenti atteggiamenti aggressivi e bellici in un contesto pacifico?  Il contrasto pace-guerriglia è talmente forte che deve


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sorgerci un dubbio e porci la domanda più ovvia e scomoda nella risposta: a chi giova l’aggressività di pochi? In fondo basta il gesto di un solo violento per consentire alla politica messa sotto accusa, la solita mediatica propaganda denigratoria sugli scioperanti per riprendersi il consenso perso per strada.

  Assisto a questi eventi come al solito palcoscenico di un teatrino politico di bandiere di destra e di sinistra dove anche il lato positivo della fratellanza rischia di essere manipolatorio, mettendo la popolazione di fronte a una futura accettazione di soluzioni politiche, altrimenti non digeribili. 

  Mi chiedo senza giudicare se sia il preludio di una accoglienza studiata a tavolino in Europa di centinaia di migliaia di Palestinesi. D’altronde si fa presto a pensarlo, poiché Trump ha palesato, nella sua perlustrazione con i paesi confinanti a Israele o mediterranei, la sua idea di liberare il territorio di Gaza e predisporla alla ricostruzione. 

  Avere fatto arrivare in Italia pochi palestinesi per curare bambini feriti dai bombardamenti israeliani è un gesto nobile che scalda i nostri cuori perché attinge all’altruismo, ma se fossero centinaia di migliaia? Per predisporre il popolo a una manovra altrimenti impopolare, bisogna farla sentire loro fino a difenderla. Una scelta che se fosse imposta dai Governi innescherebbe la miccia di una guerra civile. 

  La storia ci insegna che i Palestinesi non sono ben accetti nel paesi che, in passato, li hanno accolti. Ne hanno pagato le conseguenze la Giordania avendoli ospitati dopo il primo conflitto arabo-israeliano e, successivamente, il Kuwait e il Libano, subendo di conseguenza l’ingerenza politica e militare dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Oggi a Gaza, i Palestinesi hanno la guida politica e militare di Hamas che, ricordiamolo, la maggioranza ha votato soltanto una volta nel 2006, e che ha scacciato con le armi dalla striscia l’altra organizzazione paramilitare Al Fatah che era passata all’opposizione. D’altronde il vuoto (desiderio) estremo e comprensibile dei Palestinesi, nel sentito bisogno di vivere in un proprio territorio, li pone in contrapposizione alla sovranità degli Stati del Medio Oriente i quali, memori dell’esperienza passata, non vogliono ripetere gli errori di un’amicizia tradita e rivivere l’incubo di una destabilizzazione. 

  Quindi, dal momento che tutto mi fa pensare che l’Europa si stia predisponendo ad ospitare i Palestinesi, è giusto chiedersi se saremo in grado di fare tesoro degli avvenimenti del passato e recenti per evitare di compromettere la sicurezza interna e perdere il precario equilibrio sociale quando, ancora oggi, non abbiamo risolto le necessità basiche di milioni di famiglie europee (9,1% dati Eurostat 2004) ancora sotto la soglia di povertà.


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