top of page
  • Immagine del redattoreJ.C. CASALINI

LA GUERRA DEI POVERI

Una banda disarciona un Rider dal suo scooter per rubarglielo. Nel tentativo di reagire, il poveruomo di mezza età viene preso a calci e pugni, poi lasciato in strada con lo zaino colorato delle consegne ancora da effettuare. Lo si vede rialzarsi e assistere impotente al suo motorino cavalcato da uno dei delinquenti. Si è saputo poi che egli ha proseguito nelle consegne per non venire meno al suo impegno.

La scena ripresa con il cellulare da un residente di un appartamento sopra la strada sgomenta chiunque lo veda perché ne cogliamo la banalità del male. Coloro che hanno ancora dell'umanità dentro di sé riescono a vivere per empatia lo sgomento, la paura e la rabbia che l'uomo prova. Altri, invece, vedranno le immagini con distacco e magari con

macabra soddisfazione nella convinzione che quanto accaduto non potrà mai loro succedere o, ancor di più, nella certezza che non potrà mai loro succedere di essere parte di una banda di aggressori.

Il male sembra non avere un contorno definito tra la realtà desiderata e quella vissuta degli altri perché è alimentata dagli egoismi di chi non rispetta il prossimo. Nessuno oggi è innocente. Chiediamoci perché ancora oggi, dopo millenni di storia costellata da ingiustizie, non ci siamo assunti una responsabilità collettiva. Responsabilità non vuol dire rimediare ai danni del male. Responsabilità significa creare le condizioni perché questi eventi non accadano mai più.

Ben venga la risposta dei cittadini che, sensibilizzati dall'evento, hanno raccolto in poche ore un fondo per aiutare il malcapitato a ricomprarsi un nuovo mezzo con cui continuare a lavorare, addirittura oltre ogni aspettativa. Potremmo plaudere alla solidarietà, ma è soltanto una pomata applicata su una delle tante ferite quotidiane del nostro tessuto sociale. L'aiuto dei cittadini è una buona cosa soltanto perché ad oggi non ci sono alternative. Non conosciamo la sorgente origine di ogni male. L'occultamento rende ogni uomo non meno cieco di chi è privo della vista, non meno sordo di chi è senza udito.

Se la logica ha bisogno di metafore ed esempi per capire, ecco che al lettore si può proporre il racconto in una narrazione più ampia, e provare come il male sia presente a ogni livello nel mondo corporale in cui viviamo, in cui il filo conduttore di ogni storia parta dalla nostra condizione umana. Arriveremmo, attraverso l'associazione dei ruoli, a identificare il Rider in una delle nazioni Europee, depredata da una banda di speculatori, poi aiutata dal sostegno monetario internazionale che si elogia di aver risolto il problema. Oppure in un popolo affamato e decimato, depredato delle sue risorse da società a scopo di lucro e dai fondi di investimento, a cui noi affidiamo i risparmi acquistandone i titoli quotati in borsa, per poi liberarci dai sensi di colpa con le elargizioni ad associazioni caritatevoli.

Il seme del male ha da sempre attecchito nelle nostre menti, terreno fertile concimato da una società arrendevole e permissiva. Arrendevole perché il nostro sistema economico turbo liberista acconsente la sperequazione della ricchezza, culla di ogni disperazione. Permissiva perché per rimediare ai danni del male ha delegato la risoluzione del danno subìto ai sistemi assicurativi, giudiziali e reclusivi, nell'intento di dare perlomeno un minimo di soddisfazione alla parte lesa mai, per davvero, commisurata alla sofferenza subita.

Applichiamo cerotti sopra cerotti e lasciamo ai posteri l'ambiente nocivo per altre nefaste e virulente vicende. Così hanno fatto i nostri genitori e progenitori ignari del meccanismo perverso del male che alimenta sé stesso e perpetra gli errori del passato di generazione in generazione. Il sistema degli eventi negativi-positivi si è ritorto dentro di sé. Il serpente che si mangia la coda è diventato un anaconda dalle dimensioni innaturali, l'uroboro irrisolvibile della guerra dei poveri in cui viviamo.

Perché non riusciamo a cogliere la sede del male?

Perché è dentro di noi, in ognuno di noi, nei nostri bisogni di piacere individuali e incontrollabili, nelle nostre arroganze, bramosie, invidie, gelosie, vanità, menefreghismi, ignoranze, rabbie, paure e disgusti. Quindi cambia te stesso significa di fatto cambiare il mondo. Per arrivarci bisognerebbe che ogni essere umano affronti le proprie ombre ed eviti il tramandare dei suoi nodi personali, a seconda dei propri livelli di divulgazione, ai propri figli, ai propri studenti, ai propri cittadini perché si possa arrivare in poco tempo a una coscienza collettiva finalmente libera dalla propria bestialità.



Post recenti

Mostra tutti
bottom of page