Non possiamo restare indifferenti al rischio di chi affronta un lungo percorso per sfuggire dal disagio economico, dalle zone di guerra, dalla siccità, dalla fame e dalle malattie. La pressione dei profughi o di coloro che cercano un’opportunità di lavoro per vivere meglio è una forza che si è rafforzata e ingigantita negli anni, fino a diventare inarrestabile e incontrastabile. Per risolvere il problema della migrazione causato da secoli di colonialismo, macchiati dalla violenza nei confronti dei popoli oppressi, dalla compravendita di schiavi e dallo sfruttamento delle risorse naturali dovremmo applicare una politica risolutrice altrettanto energica e dispendiosa. Inutile illuderci, non ne saremo mai capaci. Il danno causato è immenso. Ci sentiamo fortunati di essere nati dalla parte giusta del globo e non rinunceremo mai al nostro privilegio acquisito per venire incontro alle fondamentali esigenze
dei popoli, oggi affamati ed esausti. Ammettiamolo, non siamo in grado di comprendere e ammettere le nostre colpe, figuriamoci rinunciare ai vantaggi economici, tecnologici ed energetici che ormai fanno parte delle nostre abitudini per consentire ad altri, lontani da noi, di poter usufruire dei nostri risultati e dividerne il piacere. Non accetteremo mai di restituire il maltolto e, così, il popolo derubato viene a riprendersi tutto migrando in Europa rea della sua disgrazia perpetrata nel tempo.
La Francia che controlla più di ogni altra nazione europea le economie di alcuni paesi africani (lo ha fatto negli anni precedenti con il franco FCA e ora con la nuova moneta ECO equiparata all’Euro) conosce bene le logiche opposte e conflittuali che condizionano il voto dei propri elettori: ‘Le Français a le cœur à gauche, mais le portefeuille à droite’ / ‘Il Francese ha il cuore a sinistra, ma il portafoglio a destra’ (cit. Anatole de Monzie). In Italia non siamo da meno, non lo saremo mai fintanto che sceglieremo politici che riflettono il nostro egoismo, così simili a noi nella scarsa lungimiranza della sola accoglienza in extremis o, peggio, della chiusura dei porti a seconda del nostro ballerino consenso elettorale del momento che segue sempre una convenienza personale, mai una coscienza collettiva e integrale.
Ai disperati viene negato la semplicità di un visto nonostante l’esigenza di mano d’opera del tessuto produttivo europeo perché manca una reale collaborazione con le istituzioni o un accordo politico con gli Stati in difficoltà. Non potendo viaggiare nelle tratte ufficiali e sicure, i disperati attraversano il deserto, sopportano ogni sopruso e superano il pericolo della traversata in mare con barche, barchette e gommoni sovraccarichi per ricevere il nostro “benvenuto” non dei più facili ed esemplari nell’approdo ai nostri confini. Essi vengono ‘marchiati’ come clandestini e rinchiusi in centri chiamati di accoglienza con patinata ipocrisia, il tempo delle lunghe formalità per il riconoscimento delle generalità e della motivazione della loro fuga dal paese natio. Per ottenere la cittadinanza italiana, salvo acquisirla per matrimonio, i disperati ora considerati ‘migranti’ possono presentare la domanda online dopo quattro anni se comunitari, cinque per gli apolidi e dieci per gli stranieri, ma soltanto se residenti legalmente e col requisito di reddito personale o familiare con tutte le complicanze iniziali del permesso di soggiorno. Recentemente viene loro richiesto il superamento dell’esame di lingua italiana per ottenere l’attestato di base corrispondente al livello B1 del Quadro Comune Europeo di riferimento per le lingue (QCPER).
Ed ecco che nel drammatico scenario sopra descritto scopriamo come esistano corsie preferenziali tra gli esseri umani, le cosiddette fast lane che diventano autostrade dove gira il denaro. La sofferenza richiederebbe un esame di coscienza, ma non si è posto il problema Suarez, il migrante di serie A, giocatore uruguaiano blasonato ma incapace di coordinare parole in italiano per ottenere una frase a senso compiuto. Pur di farlo entrare di fretta e furia in campo, la Juve ha tentato di raggirare la normativa della FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) che limita a due stranieri l’organico in squadra, accordandosi con l’Università Per Stranieri a Perugia per italianizzare il giocatore con un esame farsa. Nell’attesa dei risultati della Guardia di Finanza, noi chiediamoci cosa porti un uomo a ritenersi superiore agli altri sul presupposto di una ricchezza. Non ci sono altre risposte se non nell’avidità e nel menefreghismo verso il prossimo così come lo facciamo noi quotidianamente in ogni singola ‘scelta’ fatta per cercare sempre un vantaggio personale. Suarez è l’emblema del nostro egoismo portato a livelli esponenziali quanto il suo guadagno da giocatore di calcio. Un riconoscimento per le sue individuali qualità fisico sportivo che ‘noi’ valutiamo superiori ad altre qualità necessarie per lavori ben più utili alla comunità, come ad esempio: medici, infermieri, badanti, colf e tanti altri che andremo a cercare con molta probabilità tra i migranti.
‘The Show Must Go On’ esprime il suo irrispettoso cinismo nei confronti di quanti vivono la condizione di straniero indesiderato, di clandestino sgradito, di migrante pieno di speranze. ‘Suarez deve passare perché guadagna milioni!’, frase colta in una delle intercettazioni degli investigatori, è uno schiaffo alla dignità umana che auguriamoci possa diventare un pugno in faccia alla nostra stupida arroganza attraverso l’autocritica per riuscire a scuotere finalmente la nostra anima e farle superare la trappola delle cieche convinzioni che hanno corrotto questo mondo.
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