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  • Immagine del redattoreJ.C. CASALINI

GOD SAVE THE SOULS

La Regina è morta. Proviamo dispiacere, ma questo dovrebbe essere provato in egual modo per qualsiasi essere umano sulla terra giunto alla fine della propria esistenza terrena, perché tutti hanno un ruolo in questo pianeta. Ma, ahinoi, siamo ben lontani da un sentimento di compassione per tutti. Ci sarà invece, come al solito, un periodo di smarrimento e di piagnisteo in un picco ben evidente di commozione, al che la curva gaussiana tornerà alla normalità vicina ai valori precedenti alla dipartita. Viene spontaneo dire: “morto un Papa se ne fa un altro”, ci aggiungo “morta una Regina, la sostituzione vien da sé”, poiché nel tempo il cambiamento è inevitabile e i vuoti fisici si colmano sempre; non in quello dei parenti stretti che sentiranno sempre una mancanza dettata dal cuore. Saremo bombardati di documentari, filmati, interviste attorno alla figura di Elisabetta II per i prossimi giorni e dimenticheremo per un po’ le sofferenze di guerre e altri problemi che affliggono in questo periodo l’umanità. Verrà ricordata per la simpatia, la dolcezza e la giusta

severità, certamente all’altezza del ruolo affidatole. Alcuni più audaci aggiungeranno post divertenti a quelli già virali del passato con Elisabetta II che sopravviveva alle decine di altri illustri personaggi da tutto il mondo, dandoci l’impressione che avessimo di fronte un essere immortale. La distrazione sarà massificante e ritroveremo, pure, l’accomunarsi della sofferenza puntuale a ogni futura ricorrenza della compianta, ma mai che si rivolga invece, tutti insieme, una preghiera all’ultimo degli ultimi... Molti saranno trascinati dall’onda emotiva di una realtà personale sgretolata senza accorgersi che questa viene costruita sull’importanza data ai ruoli ‘artificiali’, nel bisogno inconscio di concretizzare le aspirazioni di una vita migliore, affidando ad altri l’interpretazione dei propri sogni. Il transfer psicologico delle aspirazioni umane si veste di regalità poiché nel credo di molti, la perfezione è nei luoghi celati e irraggiungibili delle stanze di un castello. È lo stesso meccanismo mentale che porta il credente a definire una divinità nascosta, pure antropomorfizzata in alcune credenze, senza avere una prova della sua esistenza e, soprattutto, senza mai avere una esperienza di connessione diretta. La fede cieca abbuia più che illuminare quando la fatica della ricerca spirituale viene sostituita da icone terrene più immediate e prontamente appaganti. Il pattern di assoggettamento definito con un mondo superiore, come proposto dalle religioni, si ripropone sulla terra con figure e ruoli gerarchici a cui diamo autorità, inventando posizioni altolocate, accompagnati da agio e riverenza. Attitudini di sottomissione che non trovano fondamento se non nella ipnosi, intesa come lo spegnimento della logica, dove le incongruenze tra l’esperienza terrena e il sogno tenuto attivo avvengono lavorando fin sotto la ragione. A fuorviare il buon senso è il desiderio di fama e di potere, macchiato sin dalle loro origini col sangue che oggi è mantenuto più per una rassicurante abitudine folkloristica o attrattiva turistica, altrimenti è il bisogno di una rivalsa o di una brama che trovano soddisfazione nella illusoria possibilità di poter immedesimare, un giorno, uno dei ruoli ambiti che manteniamo a caro prezzo della collettività. La morte della Regina potrebbe essere l’occasione per un risveglio collettivo?

Certo, ma non accadrà oggi, poiché nessuno accetterà di cancellarne il ruolo ora scoperto. Nessuno metterà in dubbio la piccolezza della propria esistenza avendo permesso, da sempre, la grandiosità ad altri. È una disparità ricercata di esseri umani irrisolti che, per paradosso, si definiscono ‘non simili’ in partenza, per via della superiorità riconosciuta all’altro senza misurarne l’effettiva qualità, consentendo delle anomalie sociali ancora oggi difficili da estirpare. Non arriveremo mai alla parità di diritti, all’egualità e alla fratellanza fintanto che saranno in molti a tenere validi i privilegi super partes. Questo pensiero vale per tutti quei ruoli a cui viene affidato un ‘potere’, inteso come la necessità di una ‘guida’ terrena non essendo l’uomo capace, ancora oggi, di vivere con autonoma responsabilità in pace, oppure come la soddisfazione di un lecchinismo con cui si è consentito l’istituzione dello stesso potere. Non parlo di un ‘potere’ di vita o di morte nei confronti di un suddito - per fortuna i tempi sono cambiati - ma della convinzione della massa di una consolidata dominanza di classe, di sangue e di pedigree per diritto ereditario ancora da dimostrare. Amen! D-o salvi le anime!


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